giovedì 18 giugno 2015

I diritti di una mamma.


Ho scritto questo post un'ora fa. Il tono era sul lamentoso andante.
Riassumo in breve qual'era il mio sfogo: essendo mamma di due bambine piccole, Godzilla di tredici mesi e La Bionda di tre anni e mezzo, mi ritrovo a dover fare spesso i conti con le malattie infettive. Queste incidono negativamente sul mio umore, perchè mi devo sbattere pesantemente affinchè il mio lavoro non ne risenta e il mio capo non si faccia venire una crisi isterica.
Sono una lavoratrice dipendente, a tempo pieno, e si sa, la maggior parte dei datori di lavoro non vede di buon occhio le dipendenti in dolce attesa, le neo mamme e le mamme di bimbi che si ammalano.
Se, in queste situazioni, non riesco a trovare una baby sitter o Lui non vuole non può stare a casa, mi faccio prendere dall'ansia. Mi viene molto difficile pensare "al diavolo l'ufficio, le bimbe vengono prima" e non perchè io sia una cattiva mamma, ma perchè la pressione alla quale sono sottoposta in queste occasioni è tanta. Mi sono sentita dire dal mio capo che i continui malanni di stagione delle mie figlie stavano diventando un problema, e questo ha contribuito a peggiorare la situazione.
Ne è seguita una sequela di lamentele su quanto poco sono tutelate la maternità e la genitorialità nel nostro Paese.
Dopo aver salvato la bozza del post ho fatto una ricerca sul web per capire com'è la situazione nel resto del mondo e ho letto cose che non mi aspettavo.
Sono rimasta senza parole nel leggere che, ad esempio, in un Paese come gli Stati Uniti la maternità non è praticamente tutelata, non è prevista un'indennità da parte dello Stato e i datori di lavoro non sono nemmeno tenuti a concedere un congedo di maternità.
Ho letto che in Giappone una donna ha diritto a sei settimane prima e quattro dopo il parto, di congedo retribuito al 60%. Addirittura in Malesia, sono previsti soli 60 giorni di assenza pagata al 100%. In Polonia le mamme navigano nelle stesse acque italiane, in quanto godono di 20 settimane di assenza retribuita (a loro viene garantito però il 100% dello stipendio).
Insomma, la situazione non è poi tanto diversa, se non peggiore, nel resto del mondo, fatta eccezione per la Norvegia dove le donne lavoratrici godono di condizioni decisamente più favorevoli con 36 settimane di congedo retribuito al 100%. Non sarà un caso se, secondo l'annuale rapporto di Save the Children, la Norvegia è il Paese migliore per mamme e bambini.
Quindi, fatta eccezione per la penisola scandinava, la conciliazione lavoro-maternità risulta complicata per gran parte della popolazione mondiale.
Mal comune mezzo gaudio? Assolutamente no. Questo contribuisce a farmi pensare che è ancora radicata, a livello globale, l'idea della donna che ha come occupazione principale quella di allevare i figli e dedicarsi alla casa. Perchè diciamocelo, con tutele così povere, con l'accesso proibitivo ai servizi per l'infanzia, chi è disposto a farsi il sangue amaro ogni giorno in ufficio, sacrificando il tempo che potrebbe essere dedicato ai figli, per trovarsi con un pugno di mosche in mano?
Oppure quante persone sono incentivate a fare più di uno o due figli? Io, per esempio, sarei ben felice di avere un altro bambino, ma sono certa che non potrei più far la vita che faccio adesso. Non riuscirei a far convivere pacificamente il mio ruolo di mamma con quello di donna lavoratrice.
Volere è potere giusto, ma credo che la possibilità debba avere delle basi solide sulle quali appoggiarsi e un sistema che si evolva insieme alle persone che ne fanno parte.


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